Il prezzo della democrazia

Ho già espresso qui la mia opinione controcorrente sulla volontà di abolizione delle province su cui c’è ampia convergenza da destra a sinistra al centro. Qui però vorrei fare una riflessione in più sull’atteggiamento dei nuovi riformisti che ritengono (magari a ragione) di essere investiti del diritto/dovere di cambiare tutto (a modo loro). Ovviamente parlo di Renzi, del suo governo e di chi lo appoggia.
In primo luogo va detto che l’eliminazione delle Province non porterà risparmi così elevati. Perché solo Renzi può dire che questi enti siano inutili. Sono il primo ente intermedio della Repubblica Italiana (nate insieme alla Repubblica, le regioni sono arrivate nel 1970) e svolgono delle funzioni. Consiglieri e giunte provinciali non scaldano la sedia, amministrano servizi come strade, trasporti territoriali, ecc… Questi servizi, tolte le province, dovranno essere gestiti da altri e la gestione avrà dei costi in termini di funzionari e burocrazia. Quello che si toglie sono i rappresentanti del popolo che erano chiamati ogni anno a amministrare tali servizi e magari a renderne conto a fine mandato come avviene nei comuni, nelle regioni e in tutti gli enti democraticamente amministrati. Ecco il punto che volevo sottolineare è questo. Siamo passati dalla necessità di eliminare gli sprechi della politica gli eccessivi rimborsi elettorali e se vogliamo anche gli eccessivi stipendi dei politici (il cui taglio può rappresentare certo un giusto anelito alla pubblica moralità, ma non porterà sostanziali vantaggi ai conti dello Stato) all’eliminazione dei politici. O per meglio dire dei rappresentanti del popolo. Tagliamo consiglieri e giunte provinciali, tagliamo il Senato. In sostanza il messaggio è che la democrazia costa, i rappresentanti eletti sono un costo togliamoli e risparmiamo. Non si vuole più diminuire, ma togliere direttamente.
Di questo passo il parlamento potrebbe essere un costo inutile. Eleggiamo solo il presidente del Consiglio, farà tutto lui. Quest’ultima affermazione è mia ed è un paradosso, ma è il paradosso della logica che sta alla base delle proposte di riforma di Renzi. E io, anche se non mi chiamo Rodotà, non sono concorde.

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